Gli enti privati nazionali di formazione «svolgono attività rientranti nell’ambito delle competenze statali come definite dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione …».
Ciò che emerge ictu oculi dalla norma vigente è che gli enti privati nazionali di formazione sono impegnati in attività riconducibili alle competenze statali.
In secondo luogo, risulta altrettanto evidente che tali attività riservate dalla Costituzione alla potestà legislativa esclusiva dello Stato riguardano «la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (articolo 117, secondo comma, lettera m, Costituzione).
La legge 40 nella sua formulazione attuale pare dunque tratteggiare una funzione sussidiaria assolta degli enti nazionali che collaborano con lo Stato (in concorso, senza sostituirsi ad esso) nella tutela dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) connesse alla formazione.
Ciò spiegherebbe anche la ragione del sostegno economico accordato dallo Stato ai medesimi organismi che coordinano a livello nazionale gli enti di formazione accreditati su base regionale.
L’interpretazione più naturale su cosa debba intendersi per ente privato nazionale di formazione è quindi facilmente deducibile dalla sintassi dei requisiti – generali e specifici – che i medesimi enti devono possedere per accedere ai benefici di legge.
Sul piano giuridico l’ente nazionale ex lege 40 è un organismo di natura privatistica (tipo corpi intermedi) avente finalità formativa e privo di scopo di lucro (trasparente, meglio se indipendente), capace di coordinare una rete nazionale di enti territoriali (autonomamente dalla sfera pubblica), che volontariamente coopera con i pubblici poteri (il legislatore e la pubblica amministrazione ai diversi livelli di governo) per soddisfare bisogni formativi (tutela dei LEP ai cittadini) erogando servizi formativi alla persona (nei contesti a lei più prossimi) per l’interesse generale del Paese.
A ben guardare il ragionamento sull’ente nazionale di formazione si inserisce a pieno titolo nella logica più generale del principio di sussidiarietà in senso orizzontale introdotto dall’articolo 118, ultimo comma, della Costituzione italiana il quale prevede che:
«Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà.»
L’espressione orizzontale di tale principio riguarda i rapporti fra pubblici poteri e privati – in termini di autorità e libertà – e implica che i privati provvedono direttamente alla cura dei bisogni collettivi e alle attività di interesse generale, mentre le istituzioni intervengono in funzione sussidiaria, di promozione, programmazione e controllo.
Detto in termini più vicini alla formazione in modo da verificare l’incidenza del principio nella relazione tra ente nazionale e Stato:
- le attività formative rivestono un interesse generale perché attengono alla soddisfazione dei bisogni formativi dei cittadini di una comunità,
- i LEP formativi di cui lo Stato è garante non sono un suo monopolio esclusivo dato che vi possono contribuire anche gli enti privati nazionali che proprio a tale scopo vengono riconosciuti dall’ordinamento giuridico.
La legge 40 facendo propria questa impostazione ha non solo confermato il ruolo degli enti nazionali, ma anche per così dire rilanciato la loro iniziativa nell’ambito dei LEP connessi al diritto alla formazione.
L’interpretazione può essere avvalorata anche in considerazione del testo originario della norma che ha preceduto la modifica costituzionale del 2001.
La storia non è inessenziale agli effetti interpretativi, come insegna tutta la giurisprudenza e, peraltro, come suggerisce l’analogia delle attività degli enti nazionali rientranti nelle competenze dello Stato presente in entrambi i testi.
A differenza di oggi, però, l’articolo 1 del 1987 rinviava all’articolo 18 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, legge – quadro in materia di formazione professionale.
Non si vuole certo qui riesumare una categoria di leggi che dopo la riforma costituzionale del 2001 formalmente non esiste più.
Preme solo ricordare che la Legge quadro del 1978 fu quasi unanimemente salutata come la legge sul pluralismo del sistema formativo (ed in effetti, il superamento del monopolio statale con l’apertura agli enti pubblici e privati, determinò la crescita di una sussidiarietà formativa senza precedenti per uno Stato moderno).
Dietro la legislazione seguita alla modifica costituzionale, pare dunque possibile leggere una costanza della disciplina giuridica per gli enti privati nazionali di formazione.
Non solo per la semplice ragione che la legge 40 è stata sì modificata ma non abrogata (nonostante l’attribuzione alle Regioni di potestà legislativa esclusiva sulla formazione), ma anche e soprattutto perché la formula attuale alimenta una presunzione di continuità del principio di sussidiarietà testimoniata dalla sua evoluzione in senso orizzontale.
Da tale disamina è facile desumere che la nuova formula abbia inteso valorizzare appieno il ruolo sussidiario dell’ente nazionale ex lege 40 e che, nello specifico, se oltre ai requisiti si considerano anche i LEP, si può comprendere il significato completo della norma: ovvero, concorso nella tutela del diritto alla formazione per dare risposte ai bisogni formativi delle persone (ciò che non esclude ovviamente anche la sussidiarietà formativa a livello locale, cosa che era già prerogativa regionale).
Le potenzialità degli enti nazionali sono oggettivamente notevoli.
Il punto – di importanza strategica, non solo nazionale – è che il rilancio dell’iniziativa privata in tema di diritto alla formazione nei termini che l’attuale Legge 40 prevede e rende possibile, è quanto mai opportuno.