Start-up pane a km 0 Il Progetto Pane a Km 0 nasce nell’Aprile del 2015 in Provincia di Belluno in esito ad un Progetto di Start-up presentato dal Centro Consorzi di Sedico (BL) e finanziato dalla Regione Veneto e dal Fondo Sociale Europeo dal titolo Start-up di impresa. Pane a Km 0: nuovi modelli sostenibili ed etici di imprenditoria sociale ha visto coinvolte 15 persone della provincia di Treviso, Venezia e Belluno

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Il Progetto è stato strutturato in più azioni, alcune di gruppo, altre individuali.

Le azioni di gruppo si sono articolate in un’azione formativa di 172 ore dal titolo “Intervento formativo di specializzazione” inerente la lavorazione del pane, il concetto di filiera e il recupero delle tradizioni in versione moderna, in un’attività di “Preparazione del Pitch (8 ore) Consulenza di gruppo (24 ore), analisi di mercato (16 ore).

Le azioni individuali invece si sono articolate in 6 interventi “Definizione di Piano di comunicazione” (8 ore ciascuno), 6 interventi “Redazione di Business Plan” (16 ore ciascuno), in 6 interventi di “Assistenza alla ricerca di strumenti agevolativi” (di 16 ore ciascuno).

La prima azione messa in campo è stata quella formativa. Era opportuno infatti sviluppare l’idea imprenditoriale basandosi su della capacità tecnico professionali propedeutiche necessarie ai corsisti per capire cosa sia effettivamente il mondo “delle farine”, la loro lavorazione e le norme che la regolano, la manualità e il processo della lavorazione stessa. Il percorso formativo è partito proprio dal “pane” e dalle farine (proprietà nutritive, aspetti qualitativi relativi a varie tipologie di sementi anche antiche) passando poi attraverso la conoscenza del territorio, della sua promozione attraverso i suoi prodotti, lo studio dei modelli economici in piccola scala, il marketing di prodotto e il laboratorio. Nella fattispecie, nella parte del laboratorio, si sono potute sperimentare le varie lavorazioni per poi approfondire da un punto di vista sia teorico che pratico diverse tecniche: i prodotti cotti a forno con tecniche antiche, la lievitazione, l’uso di semi per pane e olio, varie tipologie di prodotti. In ciascuna di queste lavorazioni si è cercato di privilegiare l’utilizzo di prodotti locali o di tradizione (semi antichi, semi di canapa ecc) poiché l’idea imprenditoriale si basa proprio sulla loro valorizzazione per favorire lo sviluppo di una filiera corta. Sono stati utilizzati quali docenti professionisti di settore e recuperata anche la preziosa esperienza di un anziano signore che ha sempre trasferito le sua competenze in un’ottica di valore aggiunto per le nuove generazioni. Il percorso di formazione è stato concentrato nei mesi di Luglio e Agosto Settembre 2014, sfruttando la maggiore disponibilità estiva delle partecipanti che lavoravano.

Le altre attività di gruppo e quelle individuali si sono variamente succedute dall’ottobre 2014 fino all’aprile del 2015 assecondando l’evolversi dell’idea imprenditoriale.

In seno al Progetto è nata una start up denominata “Poloni Andrea” che si occupa della lavorazione delle varie specie di grano e del recupero dei semi di canapa, preziosi per la produzione di farine edibili e di olio.

 

Centro di Formazione Professionale

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L’Italia dei campanili ha quasi altrettanti Centri di Formazione Professionale: nei piccoli paesi e nelle grandi città, al nord e al sud, al centro o in periferia, ciascuno con una propria storia che è memoria e insieme spirito vitale, attuale e futuro.

Da più di quarant’anni i C.F.P. mettono in campo esperienze e competenze per rispondere quotidianamente ai bisogni delle persone e delle imprese.

Con i loro servizi orientano, qualificano, riconvertono, aggiornano giovani, lavoratori, disoccupati per profili e competenze nei diversi settori produttivi.

Utilizzano metodologie fortemente improntate alla pratica con attività di laboratorio, stage, training on the job.

Definiscono i risultati dell’apprendimento in competenze professionali, prima chiave di lettura tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro.

Dialogano con le imprese per conoscere i loro fabbisogni e le attività lavorative, recependo cosi le trasformazioni del mercato del lavoro con una visione ampia delle diverse “professionalità” nella loro evoluzione e dinamicità.

Realizzano progetti in integrazione con la scuola, il sociale e il lavoro e collaborano alla attuazione di modelli di alternanza scuola-lavoro e sviluppo dell’apprendistato con le realtà istituzionali e produttive del territorio.

Valorizzano e certificano le competenze acquisite nei diversi contesti di apprendimento, per l’occupabilità e lo sviluppo professionale delle persone, rendendo praticabili i passaggi tra scuola, formazione e lavoro.

Svolgono la mediazione tra la domanda e l’offerta di lavoro anche per l’inserimento lavorativo dei disabili e dei lavoratori svantaggiati.

Già oggi sono i principali soggetti, in grado di realizzare, senza costi aggiuntivi,  progetti personalizzati calibrati sulle specifiche caratteristiche delle persone e delle imprese nell’ambito dei programmi nazionali e locali di politiche attive del lavoro.

Condivise in rete le loro diverse culture e specializzazioni rappresentano una delle più grandi risorse per lo sviluppo del nostro paese.

La rete, non concorrenziale e integrata, degli Enti di Confederazione Servizi Formativi rende disponibili sul territorio nazionale le migliori esperienze per rispondere nell’immediato, in modo sostenibile e semplificato, a più bisogni su fronti diversi.

E’ questa ora la vera strada da percorrere per dare così forma concreta a politiche attive del lavoro che aumentino l’occupazione e incrementino la produttività per ritornare a crescere.

Voglia d’impresa Fare impresa è la strada maestra per creare lavoro

Voglia d'impresa

Tanti danno i numeri, ancora pochi il dato.

La marea di disoccupati e la moria delle imprese stanno a testimoniare il fallimento disastroso della cultura della dipendenza.

La scuola deve smettere di inculcare nei giovani l’idea che si andrà a lavorare per qualcuno.

Si va a lavorare per realizzare qualcosa e questo qualcosa si ottiene anche tramite il lavoro indipendente come alternativa al lavoro salariato perché il lavoro non è più tanto quello che si ha (il posto), quanto quello che si fa (l’attività lavorativa vera propria).

Quando però il pubblico invece di risolvere i problemi crea dipendenza, i dipendenti pubblici, le cose per il lavoro si complicano assai.

Se non si estirpa lo stereotipo in base al quale lo Stato deve garantire – direttamente o indirettamente – un posto di lavoro, non faremo altro che alimentare false aspettative, aggiungere disoccupati a disoccupati e, per questa via, estendere l’ingiustizia sociale.

Ma l’impegno e la fatica di tutti i giorni sono stati mortificati dai politici che non hanno mantenuto nessuna delle promesse liberali fatte all’elettorato.

Nell’economia reale non può più essere lo Stato a dare lavoro o a creare lavoro.

Da questa crisi non se ne esce per tornare dove si era prima. Ha smascherato le politiche collettiviste che ci hanno portato alla bancarotta, il pubblico non è più la soluzione, e la crescita non si può più falsificare con politiche deficitarie illiberali, ma proviene dall’impresa, dal fare impresa che è sempre la strada giusta per creare occupazione.

Non bisogna mai stancarsi di ripetere che il fare impresa è la strada maestra per creare lavoro.

Ogni impresa privata è parte di una ricchezza comune, costituisce un pezzo di benessere sociale del Paese.

Dalla salute delle nostre imprese dipende la possibilità di creare lavoro e occupazione, di garantire dignità alle famiglie, di assicurare istruzione e futuro ai nostri figli.

Controinformazione Come fa il Paese ad andare avanti se le persone rimangono indietro?

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I lavoratori che hanno frequentato la formazione migliore, hanno più probabilità di guadagno, vivono in quartieri migliori, risparmiano di più per la pensione e addirittura corrono meno rischi di cadere in depressione.

La maggior parte dell’apprendimento (ben il 90%) avviene on the job, ovvero sul luogo di lavoro, e solo in misura minore (10%) durante corsi di formazione formali.

la formazione è l’imperativo di una vita, un fattore di libertà, ma quella che conta è ancora riservata a pochi.

L’Italia ha uno spread formativo che ci relega agli ultimi posti in Europa.

Investe meno della Spagna e neanche la metà della Francia in formazione continua.

Nemmeno un Meuro all’anno per la FC, di cui la metà Fondi interprofessionali.

Solo 6 adulti su 100 partecipano ad attività formative.

Neanche una PMI su due fa formazione.

Buona parte del FSE dirottato su politiche passive.

ITS concentrati in poche regioni.

IeFP ordinamentale, ma subalterna sia alla scuola che al lavoro.

Ogni 100 contratti di lavoro solo 2 sono di apprendistato.

Passa dal centro per l’impiego appena il 2,6% dei nuovi assunti.

LEP inapplicati con buona pace degli articoli 117 e 118 della Costituzione.

Diamo tutte le colpe ai politici, agli economisti, ai burocrati – per niente innocenti – e non ci accorgiamo che la formazione nella sua essenza liberatrice, nella centralità assegnata all’individuo e ai valori universali dell’uomo, è in una crisi profonda.

Ma come fanno le persone ad andare avanti se la formazione resta indietro?

Come fa il Paese ad andare avanti se le persone rimangono indietro?

Il deficit formativo non è mai solo una questione intellettuale, ma implica sempre gravi conseguenza politiche ed economiche, e oggi lo vediamo più che mai.

La risposta è che per quanto sia difficile da quantificare, c’è un collegamento evidente tra le conoscenze e le competenze con cui si lavora e la vitalità di un Paese.

In altre parole: la formazione è giusta? Paese al top.

Ecco perché un servizio formativo in grado di offrire alle persone gli strumenti per affrontare un futuro più che mai incerto è il cuore della nuova formazione da fare, affinché il Paese torni a investire su sé stesso, sui suoi cittadini.

Oltre la crisi, infatti, si delineano le grande sfide economiche, sociali, culturali, tecnologiche che vedono le imprese dei servizi formativi e i formatori protagonisti di una fase di profonda trasformazione per produrre ricchezza, benessere economico e sociale.

Partita di giro a perdita variabile Uno sguardo su Europa, Italia e Fondi strutturali di fine settennato

C’è qualcosa di cui si parla poco e male, ma a cui si allude sempre pensando all’Europa e all’euro che santifichiamo – che malediciamo – e poi alle politiche sovranazionali che con loro facciamo ma anche ai soprusi che da loro subiamo, quella euroburocrazia con cui ci si apparecchia la vita e da cui dipendiamo.

Questo qualcosa sono i Fondi europei: quelli che paghiamo e non si vedono, quelli che si vedono e non spendiamo, quelli che domani sborseremo e qualcuno userà.

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Ogni Stato membro concorre al budget dell’Unione Europea con l’1% del PIL. All’incirca 140 miliardi di euro in tutto.

Nel 2012 gli italiani hanno sborsato 16,4 miliardi di euro, il 12% del bilancio UE. Il nostro Paese sarebbe il terzo maggior contribuente dopo Germania e Francia anche se per PIL procapite è al 12° posto in Europa.

Viceversa, la UE dà all’Italia il 7,6% del proprio bilancio, vale a dire 10,7 miliardi di euro comprensivi dei Fondi strutturali europei.

Gli italiani riceverebbero dunque 5,7 miliardi di euro in meno rispetto a quello che versano alla UE.

Da inizio secolo, circa un terzo del bilancio UE viene destinato ai Fondi strutturali europei per sostenere le politiche di coesione economica e sociale.

I Fondi strutturali sono lo strumento utilizzato da Bruxelles per attuare tali politiche nei Paesi membri tramite un ciclo di programmazione settennale articolato in obiettivi e programmi nazionali e regionali che sovvenzionano migliaia di progetti.

Ogni Stato membro deve compartecipare al finanziamento dei Fondi strutturali e alla loro gestione secondo quanto stabilito a Bruxelles.

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Nel ciclo di programmazione 2007-2013, la dotazione complessiva di Fondi Strutturali per l’Italia ammontava a 27,9 miliardi di euro.

L’Italia avrebbe dovuto mettere 31,5 miliardi di cofinanziamento per poterli spendere.

Quindi la dotazione complessiva italiana di Fondi strutturali per il settennato doveva essere di 59,4 miliardi di euro.

Avendo però rinegoziato la sua quota di cofinanziamento (meno 11,7 miliardi di euro) i Fondi strutturali realmente disponibili per il nostro Paese assommano a 47,7 miliardi di euro.

Alla fine del 2013, l’Italia ne aveva spesi solo 25,1 (spesa certificata al 31/12/2013).

Fortuna che causa complessità e criticità della programmazione, la sua durata è stata posticipata di due anni rispetto a quella indicata nel settennato.

Pertanto, l’obiettivo di spesa al 31 dicembre 2015 è di 22,6 miliardi di euro.

Ciò significa che al netto delle risorse già impiegate nel biennio corrente, l’Italia dovrebbe spendere circa 10,7 miliardi di euro entro l’anno, pena la loro restituzione.

Il rischio del disimpegno, cioè di dare indietro tot miliardi all’UE è sempre più concreto e vicino.

Con questi chiari di luna, invece, i Fondi strutturali sono quasi l’unico investimento possibile per ricerca, impresa, infrastrutture e posti di lavoro. Si tratta quindi di Fondi che andrebbero utilizzati fino all’ultimo centesimo nella maniera più efficiente possibile.

Plus IeFP

P5Inclusività, contrasto alla dispersione scolastica, occupabilità.

Sono queste le peculiarietà distintive del sistema IeFP che emergono dal Rapporto Isfol 2015.

In un contesto di profonda crisi economico-occupazionale l’IeFP risponde al bisogno di professionalizzazione di quei giovani che scelgono per interesse e passione un percorso formativo legato a una professione.

Nello stesso tempo sostiene i giovani che, per stili cognitivi e di apprendimento, hanno la necessità di metodologie didattiche improntate all’apprendimento nell’esperienza, con attività pratiche, stage, laboratorio.

L’utenza IeFP è per lo più maschile (57%), italiana (90%), residente nel Nord Italia (78,5%), proveniente per il 70% dagli Enti di Formazione e appartenente per il 60% a famiglie con bassi livelli di istruzione e di reddito.

Il 60% dei giovani dopo la ex scuola media si iscrive direttamente ai percorsi IeFP.

Questo dato assieme all’aumento dei giovani iscritti fuoriusciti dalla ex scuola media con un giudizio all’esame superiore a “sufficiente”. evidenza una scelta di  interesse “vocazionale” oltre alla consueta e “tradizionale” scelta da parte di una utenza debole.

L’IeFP è in particolare efficace dal punto di vista occupazionale.

Dai dati risulta che il 50% dei giovani a tre anni dalla qualifica risulta occupato e il 6,6% risulta in formazione.

Tra gli occupati l’85% è un lavoratore dipendente, l’8% è autonomo, il 6,4% ha un contratto atipico.

Sono gli enti di formazione a offrire migliori sbocchi occupazionali ai loro qualificati con una percentuale di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro pari al 55% rispetto al 38 % dei qualificati nelle scuole.

E’ superiore anche la soddisfazione sul lavoro svolto espressa dai giovani formati presso i centri accreditati che risulta pari all’81% con una valutazione compresa tra 8 e 10, superando di 11 punti percentuali le valutazioni dei qualificati nella scuola.

I corsi che offrono le maggiori prospettive occupazionali sono quelli relativi all’area meccanica e agroalimentare con una percentuale circa del 57% degli occupati seguiti dai corsi del turismo e della ristorazione con una percentuale del 55% degli occupati.

 

IeFP Oggi

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L’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) sta guadagnando progressivamente terreno rispetto alla filiera dell’Istruzione Professionale.

Canale alternativo alla istruzione per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione e del diritto dovere, svolge una funzione sia professionalizzante che di recupero all’apprendimento di allievi a rischio di abbandono.

I percorsi IeFP vengono realizzati dai Centri di Formazione Professionale accreditati e dal 2011 anche dagli Istituti Professionali in regime di sussidiarietà integrativa e complementare.

I percorsi in sussidiarietà integrativa prevedono la possibilità, per gli allievi, di proseguire il percorso formativo dopo la qualifica triennale e di ottenere il diploma quinquennale.

I percorsi in sussidiarietà complementare si concludono con l’acquisizione della qualifica triennale o del diploma professionale IeFP al IV anno per le Regioni che offrono questa opportunità.

316mila sono gli iscritti complessivi ai percorsi triennali IeFP nell’annualità 2013-14 e più di 328 mila con gli iscritti al IV anno, pari all’11,3% del totale degli studenti del II ciclo.

Di questi oltre 141 mila (43% del totale) sono gli iscritti ai Centri di Formazione Professionale nei quattro anni, mentre più di 187 mila sono gli iscritti alla IeFP negli Istituti Professionali (57% del totale degli iscritti).

Costante è l’incremento degli allievi che risulta di 26 mila unità pari al 8,7% in più rispetto all’anno precedente.

Degli iscritti al primo anno, il 56,3% si trova in percorsi in sussidiarietà integrativa, il 38,4% presso le istituzioni formative e il 54% in sussidiarietà complementare.

Significativo anche il dato sul successo formativo.

L’analisi del triennio formativo 2011-14 evidenzia, per gli allievi dei Centri di Formazione Professionale accreditati, un alto tasso di successo che, dal 64% del precedente triennio passa al 65,7%. Un miglioramento dei risultati si registra anche per i percorsi IeFP svolti negli Istituti Professionali dove quasi il 57% degli iscritti al primo anno in modalità integrativa e il 61,2% in modalità complementare arriva a qualifica.

IeFP CSF x l'Istruzione e la Formazione Professionale

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Competenze professionali espressione di potenzialità diverse, creatività e talento che liberano una crescita di vita e lavoro.

Questi i plus della Istruzione e Formazione Professionale (IeFP).

La IeFP è un sistema che integra scuola e impresa per formare la professionalità dei giovani che entrano nel mondo del lavoro.

14 Enti accreditati e associati a Confederazione Servizi Formativi (CSF) che realizzano percorsi di IeFP nelle 6 delle 9 regioni italiane dove è già possibile farla: Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto.

Più di 3.000 allievi e 140 corsi con oltre 3 milioni di ore formazione.

14 qualifiche su tutte le aree professionali: agroalimentare, manifatturiera e artigianato, meccanica, impianti e costruzioni, cultura informazione e tecnologie informatiche, servizi commerciali, turismo e sport, servizi alla persona.

CSF x IeFP, una bella rete nazionale di competenze e prospettive per ridare a ogni giovane la facoltà di costruire il percorso da intraprendere sulla base delle sue esigenze formative.

Confederazione Servizi Formativi La prima rete nazionale dei servizi formativi

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CSF è un ente privato, nazionale, indipendente, di formazione professionale ai sensi della legge 40/87.

Oggi aggrega quaranta Enti accreditati nei venti regimi regionali per dare forma ai servizi formativi che le persone si aspettano di incontrare.

Questo per rinnovare la formazione, modernizzare il lavoro e contribuire al benessere economico e sociale del Paese tramite la più grande rete italiana dei servizi formativi.

La rete dei servizi formativi è la comunità degli enti aderenti alla Confederazione Servizi Formativi, dove entrano fabbisogni (domanda) ed escono servizi (offerta).

Nata per aggregare e arricchire il patrimonio di esperienze territoriali, è la prima rete nazionale di servizi formativi a misura di lavoratore, impresa e territorio.

La messa in rete delle risorse formative degli associati integra e valorizza le competenze e le conoscenze delle diverse regioni creando servizi condivisi per la crescita delle imprese formative e la certificazione delle professionalità.

I servizi formativi sono uno strumento di apprendimento continuo anche per gli associati che scambiandosi nuove idee e opportunità innescano processi di innovazione economica e sociale.

Training on the Job

Oggi sappiamo che la maggior parte dell’apprendimento (ben il 90%) avviene on the job, ovvero sul luogo di lavoro e solo in misura minore (il 10%) durante corsi di formazione formali.
Pare quindi il momento di investire nella formazione sul luogo di lavoro, sul training on the job appunto.
È del pari vero, però, che un’organizzazione aziendale capace di dare forma alla conoscenza non sia poi così facile da realizzare.
Ciò è possibile solo ad una fondamentale condizione: che l’azienda scelga di riconoscere e valorizzare le dinamiche intercorrenti fra saperi codificati e saperi taciti attraverso una visione strategica delle risorse umane.
Nuova visione che a sua volta comporta l’integrazione di azioni di formazione formale con l’apprendimento on the job in un contesto lavorativo che favorisca lo sviluppo e il riconoscimento delle competenze.
Ecco perché oggi Sielte s.pa. realizza il suo programma di training on the job, investendo sulla sua capacità formativa per sviluppare le competenze dei lavoratori e l’apprendimento individuale e collettivo, anche in relazione alla scelta di progettare il suo futuro formando e impiegando i suoi lavoratori.
L’idea è quella di far emergere il “sommerso” formativo dando forma ad un nuovo modello di impresa formativa ad alta performance, capace di sviluppare sia l’apprendimento del lavoratore che dell’azienda per ottenere una maggiore produttività attraverso l’impiego efficace del capitale umano.
Allo stato attuale i risultati sono misurabili coi fatti.
Ieri a Roma il Comitato di Pilotaggio (impresa e RSU) ha sancito il positivo andamento del programma annuale di formazione e riqualificazione aziendale basato sulla formazione sul luogo di lavoro (Cifor).
Contemporaneamente a Bologna, sono state certificate le competenze di un primo gruppo dei 50 tutor aziendali che realizzano il programma di training on the job nelle diverse sedi operative Sielte.
la certificazione dei tutor aziendali è la prima esperienza nazionale in linea con i LEP stabiliti dal Decreto Legislativo 13/2013.
La certificazione ha valore sull’intero territorio nazionale e, con la correlazione della qualifica ai livelli europei EQF (European Qualification Framework), è confrontabile con quelle degli altri sistemi in Europa.
Un bel passo avanti nella direzione di un inedito paradigma formativo e lavorativo basato sull’impresa formativa.